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Italy.jpg (930 byte) Aspettiamo le vostre poesie... Italy.jpg (930 byte)

 

 

 

 


 

 

 

PAROLE DI MANI

 

Parole di mani, 
di labbra
percorrono
profumata pelle di seta.
Di lingerie raffinata
appena coperta
appare scoperta
la pelle eccitata.
Lingue curiose s'intrecciano, 
percorrono, ogni lembo di pelle
emozionandoci.
Brividi e gemiti
piacere, estasi.
Intollerabile distanza
tra cielo e stelle
sangue e carne.
Passione dolorosa
falsamente giocosa.
Silenzioso frastuono
quando t'allontani,
devasta i pensieri.
Effimera felicità 
lascia il posto
a disillusa greve realtà 
ch'esplode e colpisce
con schegge acuminate
ferendoci.
Sanguinante tristezza dentro
dolore diffuso, carnale.
Analisi sottile 
di mille e più sfaccettature
di parole tese a placare
consapevole non amore.
Timore di non gestire,
voler solo giocare...
intrigarmi un pò
lasciandoti intrigare.
Meglio scappare adesso, 
decisione razionale,
senza odiarci
senza farsi male.
Sopravviene desiderio, 
sensualità, passione, 
ancora parole,
tempesta, 
affannoso respirare,
sulla bocca, il tuo calore...
non voglio perderti
se ci penso sto male.
Morirei senza te.
Mai più senza te...
voglio sentirti,
parlare, lasciarmi
toccare, carezzare
vibrare ancora...
baciarti 
baciarti
e baciarti...
finalmente il diluvio
a rasserenare, 
chiudere gli occhi
stringendosi forte,
lasciarsi andare
senza pensare.
Poi torna silenzio, 
assurda solitudine
in mezzo a mille persone
che non sono te.
Il cuore non sbaglia
mi grida e mi sgrida.
Lo so, Lui è così.
Ad amare, 
io sola.



                                       venexiana
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DENTRO IL BUIO



Lucida percezione
del proprio vagare
nel buio della ragione
in un corpo fantoccio
zavorra di giorni sempre uguali
persa la mente
in labirinti oscuri
affidando al tempo le ferite
cercando
un perchè
un dove
un quando.

Lampi
di consapevolezza
dell'essere perduti in sè
in questo lungo cammino
nel trovare la forza
per accorgersi di anime contigue
per rinascere dentro
per affacciarsi nuovamente
a guardare il mondo
nella giusta dimensione.



                                                         Adriana Foresto
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IL REGNO



Ho rubato il respiro
dei fiori
per regalarlo a un’idea

Con le stelle
ho barattato lo sguardo
per una briciola di luce
in più

Ho fotografato
il riflesso della luna
intanto che baciava il mare

Ho inventato una vita
per dedicarla ai sogni

Ho impiegato i sogni
per costruire un regno.


                                    Marisa Panato
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LE MIE RADICI



Pescano al fondo le mie radici:
succhiano linfa di terra, antica una vita.
Un’infanzia spesa a rincorrere il vento
a sentieri di stupore,
scalzi i piedi al sangue rosso dei papaveri,
le braccia aperte il mondo ad abbracciare.
Erano verdi le mie avventure
quando il tempo era fermo a una stagione
e le lucciole erano stelle
a cieli di trifoglio.
Erano d’oro le mie colline
come i brividi di falce sulle spighe
a concerti monocordi di cicale
a zittire nenie di grilli tra le stoppie.
Pescano al fondo le mie radici:
sanno di terra arata che mi pulsa in mano
e di acqua canterina alla corrente;
mi parlano di vigne e di sementi,
degli ulivi millenari in mezzo ai sassi
generosi ed aspri come la mia gente.
Una donna curva al fumo caldo delle zolle
le mani a tormentare a terre di gramigne.
Ansiosa una madre sulla soglia
e quelle mani fattesi carezza,
fragranza di farina e pane bianco,
maggio odoroso a teneri germogli.
Di mio padre memoria i suoi ritorni
fioriti all’ombre lunghe dei tramonti:
dentro le tasche segreti da scoprire,
in fondo agli occhi silenzi da rubare.
Pescano al fondo le mie radici:
portano linfa antica al mio presente.
E gli ulivi già sembrano d’argento
all’autunno che mi viene incontro,
dolce, come la terra che mi porto dentro.



                                                         Franco Fiorini
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IERI, OGGI



Hanno ali di farfalla,
oggi,
i miei sogni,
non più
vibranti voli di gabbiano.
Silente fiume,
che scorre senza tempo,
non più torrente
dai capricciosi balzi,
su sassi levigati,
da giocosi spruzzi
ed 
allegre cascatelle,
sono i giorni dell’età matura.
Albe incantate
abitano i ricordi,
nei tramonti dorati
s’immerge
ora
il mio vivere.
Ma nel mio cuore
riposa quel gabbiano
e
l’impetuoso corso
del torrente
e
desideri
che preludono
a giorni sempre nuovi,
perché 
se il pensiero
è stanco dei suoi anni,
l’animo, ancora,
sospira il suo domani. 




                                                        Mariateresa Biasion Martinelli
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ASPETTANDO IL DOMANI …



Bisbiglia l’anima 
nel silenzio di bambagia
e mi racconta, contrita,
i sogni che ha lasciato
lungo la strada irta della vita. 
Sussurra il cuore,
i battiti accelerano
ed un leggero rossore
imporpora le guance
quando ricordo
gli amori che avrei voluto,
le emozioni che ho provato,
dispersi come granelli di sabbia
dal vento inclemente 
di un destino avverso.
Ascolto il brusio dei pensieri …
cullata dalla tristezza dei ricordi.
Chiudo gli occhi, inerme,
e provo a scacciare
l’amaro sapore dell’infelicità
con la rabbia che ho in corpo…
poi, fiera, 
mi esorto a cercare nuovi sogni,
altre speranze,
emozioni da respirare,
brividi da percorrere.



Una debole luce rischiara il buio 
e contagia il cuore.
Un lieve guizzo di vita 
accende l’anima.
Una lacrima furtiva
scivola lungo le gote
sospinta dalla certezza
che è appagante attendere,
sempre,
quel che serba il domani.




                                   Lucia Imperadrice
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QUANDO I COLORI...

 

Quando i colori sfumeranno al nero

appoggia il mio capo sulla tua mano,

fallo piano come se bambino

stammi vicino e aspetta.

Accarezzami e taci

niente baci, come sconosciuti,

non singhiozzare non lo sai fare.

Non

sento alcun dolore, un po’ stanco

per arrivare dove devo andare.

Pensa

soltanto che di li a poco

sarò ancora al tuo fianco.

Vederti ma non

toccarti, forse sfiorarti

ma consigliarti si, anche se non vorrai

e te

ne accorgerai che sono lì

come da tanto ininterrottamente

tu ed io

soltanto incatenati.

L’unico rimpianto,

ora che sto scrivendo,

che mi

vien da piangere, mia adorata,

pensando a quanta vita passata insieme,

ombrata solo da queste lagrime sciocche

Svanisce la memoria sfumano i

colori

vedo appena le nostre bocche sfiorarsi,

odo un colpo di tosse

e

niente più, me ne vado

ma solo per qualche istante.

 

 

                                                 Ugo Mastrogiovanni WB01345_.gif (616 byte)RETURN

 

 


 

La collezionista

 

Collezionare non è un passatempo e nemmeno un dopolavoro, è uno stato dello spirito. Collezionare non è un hobby, è un’arte. Significa sapersi documentare, andare alla ricerca preparati.

E’ conoscenza. Collezionare può essere una missione, una ragione di vita, il karma. Devi essere portato per la raccolta, la classificazione, la catalogazione. Devi essere perseverante nella caccia, costante nell'azione, meticoloso e instancabile.

Per Evelina, collezionare era tutto questo e anche qualcos’altro.

A questo scopo dedicava tutta la sua giornata, tutto il tempo disponibile, la sua esistenza. Evelina agiva in modo sistematico e organizzava il suo tempo con contabile pertinacia, ma allo stesso tempo non si negava alla creatività. Infatti, captando i segnali con fiuto da bracco, riusciva ad arricchire le sue raccolte di sempre nuovi soggetti. Per Evelina, non si trattava di svago, era professione, e anche fonte di sussistenza.

Eve, come affettuosamente la chiamavano i suoi amici, si levava di buonora e, dopo aver nutrito se stessa e i suoi tre gatti, preparava con diligente cura gli strumenti del mestiere. Svuotava la grande borsa a scomparti, verificava di avere le forbici e le pinzette.

I cataloghi no, non li portava con sé, li lasciava sul buffet.

Si rassettava, raccoglieva i capelli in una crocchia fissata con uno spillone di tartaruga. Da tempo evitava di tingerli perché avevano ormai assunto una coloritura di un bel bianco con riflessi azzurrini.

Si guardava allo specchio e, anche se certi giorni non si piaceva e si trovava invecchiata, cercava di sorridersi. Era una sana, antica abitudine, acquisita da quando suo marito - sì perché, a dispetto di quanto poteva pensare

 

 

qualcuno dei vicini, anche la Eve era stata sposata – se n’era andato per “riprendersi la sua libertà”. Oltre alla libertà, si era preso anche tutto il contante, lasciandola all’asciutto.

Si sa che la libertà è una sostanza da maneggiare con cura e quella del marito di Evelina, lo condusse a vivere di espedienti border-line, finendo morto ammazzato in una discarica abusiva di periferia. Tempo passato. Cicatrici di ferite remote che a volte, quando cambiavano le stagioni, meteorologiche o biologiche, sentiva ancora pizzicare.

Ogni mattina dunque, dopo essersi resa presentabile al mondo, inforcava la bici alla ricerca dei pezzi mancanti.

Se il tempo era brutto, prendeva “il cavallo di San Francesco”, come usava dire. Andando a piedi però, le ricerche erano meno proficue perché riusciva a visitare un minor numero di siti.

Al rientro, ancora prima di pranzare, svuotava la sua cartella sul tavolo, disponendo in bell’ordine gli esiti della sua ricerca. Poi incollava, catalogava e sistemava il tutto, mettendo da parte le collezioni completate. Il pomeriggio aveva due compiti primari: consegnare le raccolte ultimate e riscuotere.

Quel giorno di luglio, aveva avuto una fortuna esagerata, in un solo colpo aveva chiuso ben tre raccolte. Ora si trattava soltanto di incassare i meritati frutti del suo impegno. Si recò quindi al primo supermercato a consegnare la cartella con i punti regalo di una nota fabbrica di dolciumi che le avrebbe riconosciuto in premio un magnifico macinino da caffè. Si era già anche preparata il biglietto da affiggere: “Vendesi macinino multiuso speciale, nuovo. Prezzo conveniente. Chi fosse interessato, scriva qui il suo numero di telefono o l’indirizzo. Evelina”. Infatti, era lei a dover contattare i “clienti”, per il semplice motivo che non possedeva un telefono.

 

 

Anche la seconda serie di bollini non era male: il premio consisteva in una confezione mista di generi alimentari facilmente consumabili. Il regalo della terza raccolta era a “pronta consegna”. Avrebbe dovuto cercare di collocarlo a qualche cliente del supermercato. - Non avrò difficoltà a piazzare quella teiera in stile giapponese. E’ così graziosa!-, pensò, - Basta aspettare qualcuno alla cassa, e attrarlo con un prezzo favorevole.

Rincasò trionfalmente. Tutta la “famiglia” era stata toccata dalla grazia. Evelina, vendendo le tazze ad una simpatica sposina, sensibile alla tentazione, aveva recuperato un po’ di denaro, utile ad integrare la pensione sociale. I mici si gettarono con gioiosa voracità sulla scatoletta di tonno prontamente prelevata dalla confezione regalo.

Il giorno successivo avrebbe anche potuto prendersela un po’ più comoda se non fosse stato per una raccolta che stava diventando una vera ossessione. Da troppo tempo ormai inseguiva in modo maniacale certi bollini della “Bimbibelli” per raggiungere i 2000 punti necessari ad ottenere un premio che le stava particolarmente a cuore. Quindici miserabili punti per completare la collezione, ma non c’era verso di trovare scatole intatte.

Quel giorno decise di effettuare la ricerca in un solo posto, nel più vicino deposito di cassonetti della raccolta differenziata. In realtà a lei interessavano soltanto quelli della carta. Aveva in odio la plastica che stava inesorabilmente rimpiazzando tutti i contenitori di cartone, nonché le cartelle-punti, sostituite dal ripugnante badge magnetico.

Sollevato a fatica il pesante coperchio e bloccatolo con una barretta di legno, incominciò a rovistare tra giornali, riviste, cartaccia varia, alla ricerca di qualche scatola integra da cui ritagliare il prezioso bollino. La irritavano in modo particolare i vari corpi estranei come vaschette di polistirolo, lattine, stracci. Mentre imprecava contro la

 

gente che non sta attenta, quando butta la roba”, le capitò fra le mani una cosa rettangolare che suscitò nuove ingiurie verso chi non rispettava l’assegnazione dei cassonetti. Poi prima di liberarsene, osservò meglio l’oggetto. - Santa polenta! Questo è un portafoglio!-, esclamò ad alta voce. Di punti ne aveva trovati pochi, porcheria e basta. E adesso anche questa seccatura. Aprì con circospezione il portafoglio e intravide un bel pizzico di banconote stropicciate.

- E’ il borsellino di una donna -, pensò. Lo richiuse e lo fece scivolare nel contenitore dei punti. - Basta, oggi non è giornata! -, si disse, -Questo lavoro è così. Un giorno da leoni e l’altro ... devi prenderla con filosofia, Eve. Ieri è stata una giornata grandiosa e oggi niente. Pazienza. E’ inutile insistere, torniamocene a casa.-

A casa rovesciò la cartella sul tavolo di cucina: insieme ai pochi ritagli di cartoncino, saltò fuori il portafoglio. A Evelina montò una vampata di stizza: - Che ne faccio adesso di 'sta roba? -, sbottò.

Poi si decise a dargli una sbirciata. -Caspita, quanti soldi! - Completò l’ispezione, trovando scontrini, biglietti da visita pezzetti di carta con numeri telefonici e, per fortuna, anche un documento d’identità. - L’avevo detto che era di una donna, gli uomini i soldi li tengono tutti belli piegati e ordinati -, e aprendolo: - Forse l’ho già vista in qualche negozio del borgo.- Concluse le sue considerazioni: - Ecco la giornata è bell'e persa. Oggi pomeriggio dovrò anche andare a cercare questa stordita e non concluderò più un piffero.-

---

Un “Chi è?” crepitante uscì dal citofono.

Evelina

Chiiii?

Ho il suo portafoglio.

Mah ... oh... salga, salga. Terzo piano.

Una giovane donna scarmigliata e ansimante si presentò alla porta: “Davvero ha trovato il mio portamonete? Ma mi scusi ... prego, prego entri.

Evelina era rimasta lì, muta, con il portafoglio in mano e all’invito della donna recalcitrò un po’, non vedendo l’ora di liberarsi di quell’oggetto estraneo e filarsela. Ma l’altra, che si agitava come una tarantolata, insistette: “Entri, entri. Non posso crederci, non posso crederci!

In cucina, dove regnava un disordine indescrivibile, la donna continuò a frastornare Evelina di domande per sapere dove l’aveva trovato, come, quando. Poi aprì il borsellino e incominciò a rovistarvi:

Ma c’è tutto! Che fortuna! Lei è un angelo, un angelo. Non sapevo come fare a dirlo a mio marito. Quello mi avrebbe fatto una scenata...

Solo in quel momento Evelina si accorse del bimbetto che, carponi in mezzo al caos della stanza, razzolava disinvoltamente tra giocattoli, elettrodomestici, tappi di bottiglia, bucce di verdura e arnesi disparati non ben identificabili. Mentre la sventata mamma continuava a berciare senza preoccuparsi troppo della sua salvatrice, Evelina fu attratta da qualcosa sul frigorifero. Sentì la donna che le domandava: “Come posso ricompensarla? Quanto devo darle? Come posso sdebitarmi per il regalo che mi ha fatto?

Eve completamente ipnotizzata da ciò che aveva visto, andò verso il frigorifero, prese la scatola dei fiocchi di mais Bimbibelli, se la rigirò tra le mani, esaminandola con volto estasiato.

La logorroica signora, pensando che Evelina gradisse particolarmente quel tipo di alimento, glielo offrì con sollecitudine materna: “Ne ho altri due pacchetti interi, se le fanno piacere glieli regalo.

Il volto di Evelina si irradiò di luce come una pastorella

 

 

 

di Fatima: “Incredibile! Che botta di ... fortuna! Tre bollini da cinque in una volta!”, gridò. L’altra pensò che quella anziana donna benedetta non ci stesse con la testa e rimase a guardarla a bocca aperta, ma Evelina, ormai al colmo dell’estasi, esclamò: “Grazie, grazie, finalmente ho trovato i 15 punti che mi mancavano per prendere il telefonino portatile! Che giornata, che giornata!

 

 

                                                                                                                                                    Nazzareno Lasagno WB01345_.gif (616 byte)RETURN